Birmani che viaggiano

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Da più di vent’anni parlo al telefono di Birmani. In famiglia sono rassegnati e sanno che quando arriva la telefonata di qualche altro birmanofilo la cena, il pranzo o quant’altro devono attendere il loro turno. 

Di storie, quindi, ne ho sentite tantissime e, vi assicuro, d’ogni genere. Alcune situazioni si ripetono, sia pure con diverse modulazioni, tutte a dimostrare la duttilità del nostro amico sacro, la sua capacità di adattarsi ad ogni momento della vita in famiglia.

Ho avuto prove su prove di quanto i Birmani siano affezionati ai propri amici umani e delle loro attività incessanti volte ad accentrare sguardi e attenzioni. Soprattutto potrei citare moltissimi racconti a dimostrazione del desiderio, singolare in un gatto, di essere sempre vicino a chi ama. In questa attività le sue capacità di adattamento si fanno straordinarie e fantasiose.

Naturalmente che il Birmano disprezzi le comodità e gli agi della sua dimora abituale per accomodarsi in alberghi, case di campagna ed ogni altro luogo ove la sua famiglia voglia recarsi è risaputo. Esiste però un problema ed è quello del viaggio. I gatti non amano viaggiare e i birmani, si sa, in questo sono gattissimi.
Molti gatti sacri si fanno condurre (non esattamente nell’accezione letterale del termine) al guinzaglio, tutti accettano, anche se non sempre con entusiasmo, il trasporto in auto, treno o aereo. Fin qui nulla di nuovo.

Eppure ieri ho sentito per la prima volta di un gatto che viaggia in motocicletta!
Ebbene si. Dylan (questo è il nome del sacro Birmano in questione) non ama la solitudine e, all’occasione, ben protetto da un trasportino a marsupio, diventa un ….centauro.
Non so se le ditte produttrici di caschi per motocicli vorranno prendere in esame l’ideazione di un nuovo modellino per gatti, certamente se l’esempio di Dylan dovesse diffondersi, potrebbe rendersi necessario. A proposito qualcuno sa se la norma per l’obbligatorietà del casco prevede questa eventualità?